Se il principe diventa rospo, manuale per spose felici

Recensione Ansa

di Agnese Malatesta

(ANSA) – ROMA, 6 MAG – Amore sì, ma non solo. Perché un matrimonio riesca e sia felice non basta il cuore, serve la testa. Ti ho sposato credendo fossi un principe, scopro che sei un rospo: si ritrovano a dire, o pensare, la maggior parte delle donne dopo anni dal fatidico sì. Ispirata alla metafora fiabesca, un libro tenta di dare qualche sostegno alle spose.
”Il rospo che c’é in lui” (sottotitolo: Manuale femminile di manutenzione della coppia, Ed. San Paolo, pagg. 194, 14 euro) di Elisabetta Tumbiolo, giornalista e scrittrice, fornisce pratici consigli ed avvertimenti anticrisi.

A cominciare dalla scelta dell’uomo (mai se tanto geloso o poco rispettoso) e dal periodo di fidanzamento (breve, comunque non oltre i due anni).
Premessa: col tempo, la passione si affievolisce e alcuni difetti irrompono senza tolleranza. Se non si interviene e previene, l’amore piano piano finisce e si arriva al fallimento.
Da non sottovalutare nella vita coniugale, quindi, i rapporti con la suocera (da non chiamare signora, evitare con lei scontri frontali, mai conviverci) o il benefico effetto di una tavola ben imbandita o di una cenetta gustosa, di un intimo “colorito” da indossare la sera o della dolcezza da usare quando lui ha la luna storta. Importantissimo: mai fare la lagna. Piccole (di certo faticose) accortezze, per contrastare i rischi di un insuccesso coniugale, che chiamano in causa – e di cui si deve far carico secondo Tumbiolo, quarantenne, sposata con quattro figli – la donna a partire dal periodo del fidanzamento. La premessa di un’unione che funziona è la scelta del ‘principe’. Ma attenzione: “essere innamorati – avverte – sentire il cuore che batte perché gli è parso di ‘annusare’ qualcosa di buono, non è garanzia del fatto che sia quella la persona giusta da amare. Spesso il cuore è un tiranno che inganna e schiavizza. Fa provare sentimenti fortissimi per persone che, in realtà, non è affatto conveniente amare”.

E’ utile vedere poi come lui si relaziona con la madre e con le altre donne: “sguardi maliziosi, apprezzamenti e approcci vari caratterizzano la personalità di un uomo immaturo e poco serio”. C’é un segnale che pone a favore dell’uomo da sposare: “l’uomo giusto saprà aspettare”, cosa? Il sesso. Quindi, niente rapporti prematrimoniali. “L’unione sessuale non è il preludio di un rapporto totalizzante ma ne è il coronamento”.

Ed ancora: “se sei rispettosa di te stessa e di colui che ami, aiuterai la sua natura maschile a dominarsi e sarai capace di risvegliare in lui dolci sensazioni, che scorrono su altri canali che non sono quelli dell’istinto sessuale”. Dopo la nascita dei figli, vanno ritagliati spazi per la coppia (“lui non viene dopo ma prima dei figli”); i momenti di intimità non vanno rifiutati ma ricercati. Serve complicità.
Ma soprattutto dialogo fra coniugi: “é la linfa vitale che alimenta, sostiene e mantiene rigogliosa una relazione di coppia”. Quando non si parla e non si trasmettono emozioni cominciano le prime crepe. Sentirsi per telefono o via mail anche più volte al giorno è importante. Tutto condito dalla consapevolezza che la natura maschile e femminile sono diverse.

Bisogna “aprire l’intelligenza alla conoscenza della differenza” ed “impegnare la propria volontà”. La strada spesso è in salita ma la meta è ambita. Moglie e marito sono come i ciottoli di mare, si “levigano l’uno sull’altro addolcendone le forme, impreziosendone i tratti”.

Ma che fine ha fatto il pudore?!

Torno adesso dalla mia ora settimanale di palestra. Non che ami tanto andarci. Per ben quarantuno anni non ho mai voluto metterci piede, ma dopo una lotta all’ultimo respiro con la zip dei miei jeans che si rifiutava di andare su fino a raggiungere il povero bottone strozzato, sono stata costretta a cambiare idea. La mia pancia lo esige: l’inclemente specchio che mi mostra il secondo rotolo di salvagente che gli si è formato intorno me l’ha suggerito e la salvaguardia della mia autostima me l’ha imposto.

Il mio corso di pilates mattutino, a parte me e un paio di altre eccezioni, è decisamente over cinquanta. Lo frequento da poco pertanto, a parte la mia vicina di tappetino, che ha dei problemi con la sua colf e me ne parla fra un esercizio e l’altro, poco so dirvi delle mie compagne di ginnastica.

In compenso però potrei descrivervi nei particolari tutto il corredo della loro biancheria intima e anche il suo contenuto. Non è che sia una particolarmente curiosa o che la lingerie sia il mio chiodo fisso. E’ che nello spogliatoio, una volta cambiato il mio paio di scarpe , non so proprio dove guardare.

Finisco di allacciare le stringhe quando alla mia destra una mi chiede scusa perché sta spostando il mio telo asciuga- sudore, alzo lo sguardo per dirle che non importa che i miei occhi per incrociare i suoi devono per forza passare sul suo topless da vacca magra.

Mi volto verso l’appendi abiti per prendere la mia giacca e vi trovo accanto appese due coppe maleodoranti di un reggiseno color carne, mi chino per prendere il borsone e lo ritrovo confinante con un paio di mutande che quella alla mia sinistra si è appena sfilate. Per raggiungere la porta di uscita devo prendere una decisione: quale percorso praticare?

Mi ci vorrebbe il tom tom di mio marito dotato di una funzione in più per indicarmi il tragitto migliore per evitare di imbattermi in tette “sventolanti” e fondoschiena in bella vista. Alla fine striscio appiattita sugli armadietti ma non posso evitare nell’ultimo tratto di fare la gimcana fra due donne nude e mi chiedo: che fine ha fatto il pudore?

Custodire e proteggere la propria intimità come qualcosa di prezioso da donare solo alla persona con la quale si ha un rapporto privilegiato, non mettersi in mostra come carne da macello facendo conoscere i propri attributi prima ancora che il proprio nome e la propria interiorità sarebbe l’ideale in ogni situazione, anche quando ci si trova fra persone dello stesso sesso. Chi non lo fa sembra svuotare se stessa e mettere in mostra tutto, anche il proprio corpo come se dentro fosse priva di cose importanti da custodire e donare agli altri.

Appello a tutte le “sventolatrici” delle palestre: siate pudiche, fatelo per voi stesse, ma fatelo anche per risparmiare il pietoso spettacolo alle altre.